Cinque promesse. Nessuna rispettata. Sulle pensioni il governo si è rimangiato tutti gli impegni presi con i Sindacati e con il paese.

Non è una mia opinione. Parlano i testi. Uno in particolare: quello dell'intesa sottoscritta appena un anno fa, che è utile richiamare per chi avesse la memoria corta.

Era il 27 settembre del 2016 e per la prima volta dopo tanti anni riuscimmo in quell'occasione a convenire una serie di misure per rendere più giusto ed equo il sistema previdenziale italiano dopo i danni prodotti dalla riforma Fornero.

Si decise inoltre di definire i temi per la seconda fase del confronto perché eravamo consapevoli che il lavoro non fosse finito.

Non erano vaghe promesse ma impegni veri e precisi. Erano cinque. Li abbiamo scritti tutti insieme e messi nero su bianco. Sono stati disattesi e non hanno trovato alcun riscontro nella legge di bilancio appena presentata dal governo. Eccoli:

1) Le pensioni dei giovani

Per mesi dalla maggioranza di governo e in particolare dal Pd ci è stato detto che questa era la priorità e che dovevamo fare tutti uno sforzo di responsabilità. Abbiamo preso sul serio il tema, lo abbiamo approfondito e abbiamo presentato le nostre proposte con l'obiettivo di garantire a chi verrà dopo di noi di avere una pensione dignitosa. Ci ritroviamo invece con un nulla di fatto. Con buona pace dei nostri giovani che ancora una volta resteranno fermi un turno.

2) Aspettativa di vita

Dal 2019 scatterà l'automatismo che porta in avanti l'età pensionabile. Lo sapevamo e avevamo concordato una soluzione differenziando questo meccanismo a seconda dei lavori. Tradotto significa che l'aspettativa di vita non è uguale se fai il muratore o il professore universitario. Lapalissiano. Ma evidentemente per il governo che si fatichi su un'impalcatura o dietro una scrivania non fa alcuna differenza.

3) Il lavoro di cura delle donne

È uno dei temi su cui si è concentrata maggiormente la nostra azione, convinti che fosse necessario dare una risposta alle milioni di donne che svolgono attività di cura nei confronti dei propri figli o di parenti disabili o non autosufficienti. Risultato? Un misero sconto per alcune donne (si stima siano poche migliaia) con le precise e stringenti caratteristiche dell'Ape sociale.

4) Flessibilità in uscita

Si era concordato di favorire l'accesso alla pensione anticipata modificandone i requisiti. Significava dare ad alcune tipologie di lavoratori la possibilità di lasciare un po' prima il posto di lavoro magari liberandolo per i giovani.

5) La previdenza complementare

Ci voleva poco. Dovevano solo favorire l'adesione dei lavoratori ai fondi pensione attraverso il meccanismo del silenzio-assenso, legarli agli investimenti nell'economia reale e parificare la tassazione dei dipendenti pubblici a quella dei privati. Il tema è stato del tutto rimosso.

Molte di queste misure erano ad impatto zero. Ovvero non costavano nulla, almeno non nell'immediato. Sull'aspettativa di vita si poteva tenere aperta la partita e rinviare la decisione mentre ci siamo ritrovati davanti al Presidente del Consiglio che burocraticamente si limita a dire che applicherà la legge così com'è.

Il governo ha scelto quindi di disattendere gli impegni che si era preso e che aveva messo per iscritto. Alla vigilia delle elezioni non esattamente un bel messaggio.

Non staremo fermi a guardare. La partita ora si sposta in Parlamento dove proveremo a modificare i contenuti della legge di bilancio.

Ivan Pedretti -  Segreteraio Generale SPI CGIL